Abete, nome di Maria elevata al Cielo

A maggio, se si desidera offrire un pensiero alla Madonna, si può sfogliare quell’originale pubblicazione sui suoi Nomi che è la Polyanthea Mariana del padre lucchese Ippolito Marracci della Congregazione dei Chierici Regolari della Madre di Dio (Roma 1694). Uno dei più rari è ABETE:

ABIES, propter altam proceritarem, quia conversatio eius in caelis, vel propter erectionem contemplationis, fuit enim semper erecta ad caelestia, et numquam reflexa ad temporalia. Rich. a S. Lauren. de laud. Virginis lib. 12.
Abete, per la sua altezza elevata, perché la sua conversazione è in cielo, o per il suo innalzamento di contemplazione, perché Lei fu sempre elevata alle cose celesti, e mai ripiegata verso le cose temporali. Riccardo da San Lorenzo († ca 1260), De Laudibus B.M.V.

Abies quae, secundum Isidorum dicitur ab eundo, et quod prae coeteris arboribus in altum longe abeat, et in excelsum promineat. Maria enim nunqam in via Domini stetit. Sed semper de virtute in virtutem processit, unde de ea dicitur Cantic. 6. (Quae est ista ‚ quae progreditur): in via enim Domini non procedere, retrocedere est. Idem. ibidem.
Abete, secondo Isidoro, è detta dalla crescita, che davanti al resto degli alberi si estende lungamente in alto e lontano e nell’eccelso predomina. Perché Maria non si è mai fermata nella via del Signore. Ma sempre è andata avanti di virtù in virtù, onde di lei è scritto il Cantico (dei Cantici). “Chi è costei che va avanti [come l’aurora]”,6,9: perché non procedere nella via del Signore è tornare indietro. Lo stesso.

Abies, quia si Abies in montibus libentius crescit: Maria crevit in exemplis Sanctorum, qui fuerunt montes per vitae eminentiam; crescit etiam spiritualiter in montibus elevatis per desiderium ad caelestia, et aeterna. Idem. ibidem.
Abete, perché se l’abete cresce più volentieri in montagna, Maria è cresciuta negli esempi dei santi, che erano montagne per l’eminenza della vita; cresce anche spiritualmente su montagne elevate attraverso il desiderio delle cose celesti ed eterne. Lo stesso.

Abies, quia si Abies pulchras habet comas, plena est, et lenis, et terreni humoris expers: Maria habuit comas virtutum, quibus Christum caput suum exornavit, totum attribuens gratie eius: fuit plana, et lenis per benignitatem, virtutem mansuetudinis, et quia sine sarcina peccatorum, fuitque sine humore alicuius concupiscentiae carnalis, et sine amore terrenitatis. Idem. ibidem.
Abete, perché se l’abete ha una bella chioma, folta, lieve e piena di umore terreno, Maria aveva la chioma delle virtù, con le quali ornava il capo a Cristo, attribuendo tutto alla sua grazia: era semplice e indulgente per benevolenza, per la virtù della mansuetudine e perché senza carico di peccati, ed era priva dell’umore di alcuna concupiscenza carnale, e senza amore terrestre. Lo stesso.

Abies,quia si Abies arbor dicta est, eo quod praeceteris arboribus longe abeat, et in excelsum promineat, eiusque natura est expers terreni humoris, ac proinde humilis habetur, et levis: Maria terreni amoris fuit expers, et omnia inferiora ut stercora arbitrans, et quae sursum sunt sapiens, nec terram videre dignata, tota Caelo, mente, et spiritu inhiabat. Ern. Prag. in Mariali capiti. 55.
Abete, l’abete si chiama così, perché cresce lontano dagli altri alberi, e svetta in alto, e la sua natura è l’esuberanza dell’umor terreno, e perciò è considerato umile e leggero: Maria fu esente dall’amore terreno, giudicando tutte le cose inferiori come concime, e saggio ciò che è in alto, non degnandosi di vedere la terra, volta tutta al Cielo, in contemplazione nella mente e nello spirito. Ernesto da Praga († 1364) in Mariali capit. 55.

Abies paupertatis . Barth. de Pisis lib. 1. de laud. Virgin. fructu 2.
Abete di povertà. Bartolomeo da Pisa († ca 1401) De Laudibus V. frutto 2.

Abies, quia rectissima in cunctis. Idem. idem fru. 8.
Abete, perché giustissima in tutto. Lo stesso 8.

Anche Isaia 60, 13 presentò l’immagine dell’abete come evocativa della bellezza e del luogo celeste:
"La gloria del Libano verrà a te, cipressi, olmi e abeti insieme, per abbellire il luogo del mio santuario, per glorificare il luogo dove poggio i miei piedi".

E Dante nel Purgatorio (22-133) legò a Maria un abete rovesciato con dei frutti:
"Un alber che trovammo in mezza strada
...: e come abete in alto si digrada
di ramo in ramo, così quello in giuso".
Scrisse anche di una fonte che scorreva al rovescio presso l’abete a significare la penitenza per i golosi che non potevano salire a mangiare frutti o a bere.
O come ammmonì una voce in mezzo alle fronde, Maria fece tramutare l’acqua in vino non perché avesse sete, ma per far sì che le nozze di Cana riuscissero onorevoli e compiute.

L’abetaia di Montesenario.
Una foresta di abeti si trova prima di giungere al monastero di Montesenario dei Servi di Maria. Così ne scrisse il p. Salimbeni nel 1937:

“Giunti poi alle falde del Monte si vede una croce piantata su di un ripiano di fronte ai vestigi di un’antica porta, della quale non restano che i pilastri, ingresso dell’antica clausura. Di qui in mezzo al verde cupo degli abeti ed all’aria imbalsamata dal loro profumo resinoso, si apre la strada del Santuario, lungo la quale sono edificati sette tabernacoli della Via Matris.
Entrando nella foresta, un sentimento come di sacro orrore sembra invadere l’animo, e non possiamo non ristare un poco quasi ascoltando la muta eloquenza di quella selva di abeti allineati, vigorosi, diritti, di quelle chiome di verde denso e cupo, mentre sul capo ci rallegra la festa canora degli uccelli, ed i polmoni bevono l’aria sottile e imbalsamata. E quella calma solenne e quei silenzi conciliatori della natura, parlano al cuore e innalzano la mente a Dio. La salita dura ancora e durerà sino al termine; ma è dolce salire fra le ombre silenti, fra gli aliti salubri delle conifere, tra i soffi refrigeranti della brezza, che mette anche un lieve fremito nella selva ...”.

Paola Ircani Menichini, 5 maggio 2023.
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